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    Viva la vida! Le due Frida

    lucia · dicembre 11, 2016 · Spettacoli · 0 comments
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    Viva la Vida! Le due Frida.

    Adattamento teatrale di Lucia Mattei liberamente tratto da Viva la Vida ! di Pino Cacucci.

    Ideato e diretto da Lucia Mattei.

    Coreografie Francesca Ferrari.

    Progetto grafico di Arianna Pagliara.

    Interpretato da Lucia Mattei e Francesca Ferrari.

    Organizzazione Paolo Quintiliani.

    Fortemente voluto dall’Istituto di Cultura Italiana in Messico, dal Museo Frida Kahlo “Casa Azul” e dal Museo Dolores Olmedo, lo spettacolo è stato rappresentato nell’aprile 2014 a Coyoacan, Città del Messico, dove la pittrice è nata e vissuta con Diego Rivera.

     

    «L’Arte non riflette la realtà. La fonda. La modella. La crea, la distrugge, e torna a ricrearla.»

    Frida Kahlo, maschera e nudità, desiderio e sofferenza, coraggio e fragilità, allegria e

    solitudine, ostinazione e resa; è da questa costante sensazione di dualità che prende forma e si

    struttura Viva la Vida! Le due Frida, una concertazione di voce e movimento espressivo che,

    nell’alternarsi tra tensione e respiro, viene guidata dall’affiorare su una tela delle opere di

    Frida Kahlo.

    La narrazione è incentrata sulla nascita di una “nuova Frida”, prendendo come riferimento il

    tragico episodio dell’incidente, che segna per sempre l’esistenza della pittrice. Da qual preciso

    momento, da quel “grido” soffocato con il quale ella si aggrappa alla vita, l’anima danzante di

    Frida si materializza sulla scena e fa da contrappunto figurato all’altra metà sofferente. Così, il

    dialogo fra le due Frida – che trasfigura la tradizionale funzione del monologo teatrale – è

    sempre implicito, fatto di azioni simultanee e di rapidi sguardi, lasciando che ognuna si

    esprima in ragione dello stato emotivo e della condizione che rappresenta: da un lato il

    linguaggio verbale, narrativo e diretto; dall’altro quello corporale, evocativo e astratto.

    Entrambi destinati gradualmente a fondersi in un unicum organico che, di fatto, finisce per

    ricongiungere le due parti. L’organizzazione semplice e funzionale della scena, nella quale le

    due protagoniste si muovono e interagiscono, diviene spazio della “costrizione”, fisico e

    mentale, che racchiude entrambe le Frida rendendo possibile questo sdoppiamento ideale in

    una parte esteriore e una interiore, una realizzata e l’altra irrisolta, una vissuta e una sognata,

    facendo della chiave simbolica una precisa scelta stilistica.

    Un lavoro appassionato e poetico, un racconto visivo della parte più intima e profonda

    dell’artista, che non tralascia di rendere omaggio alle sue opere, prima fra tutte il capolavoro

    che fu la sua vita.

    

    Frida Kahlo, pittrice messicana oggi considerata fra le artiste più significative del

    ventesimo secolo, è quella che meglio seppe rappresentare l’anima profonda della sua terra, il

    Messico, divenendo un simbolo per il suo popolo e per tutte le donne. La capacità di dipingere

    – attraverso continui autoritratti – lo scorrere della propria vita, fatta di passionalità e di

    sofferenza, rende la sua opera innovatrice e immortale.

    In vita, il valore della sua pittura venne riconosciuto da grandi artisti del suo tempo, come

    Picasso, Mirò e Kandiskij; il primo ad apprezzarne il talento fu Diego Rivera, pittore e

    muralista messicano, che diventò suo marito.

    Eppure, il vero significato della sua arte venne pienamente compreso solamente dopo la

    sua morte.

    Questa sua esistenza, interamente vissuta nella costante lotta tra la sofferenza fisica e

    l’ostinata volontà di vivere con passione il suo tempo, la rende un esempio per coloro che,

    dopo la morte, hanno imparato a conoscerla attraverso i suoi dipinti.

    È infatti impossibile separare la produzione artistica dalla storia personale: Magdalena

    Carmen Frida Kahlo y Calderón, nome completo dell’artista, affermava di essere nata nel

    1910; con questo non intendeva certo togliere qualche anno alla sua età, quanto rivendicare di

    essere nata insieme alla rivoluzione messicana. Visse in un periodo storico irripetibile, di

    grande fermento politico e culturale.

    La sua esistenza fu segnata dal dolore: fin da bambina dovette affrontare una malattia che la

    rese claudicante; e all’età di diciassette anni, un terribile incidente la ridusse in fin di vita, co-

    stringendola a continue operazioni e rendendola invalida.

    

    Così, da questa iniziale condizione di immobilità che sembrava non lasciarle scampo, da

    questa incredibile sofferenza fisica e interiore, nacque l’interesse per la pittura e il bisogno di

    dipingere per rimanere aggrappata alla vita. Vita che amò con passione e per la quale si batté

    ogni giorno, ma che non mancò di riservarle altre sofferenze, come il dolore indescrivibile di

    non poter portare a termine le gravidanze, la perdita dei figli tanto desiderati, e non meno i

    continui tradimenti del marito.

    Quando vide la morte danzarle intorno, Frida Kahlo si aggrappò alla vita con maggior forza e

    tenacia; e pur consapevole dell’impossibilità di sottrarsi alla sofferenza, non rinunciò mai a

    una vita appassionata. Desiderosa e insaziabile di ogni aspetto offerto dell’esistenza umana,

    dipinse la propria storia, dipinse i propri occhi, quegli occhi capaci di sfidare la morte che,

    ancora oggi, continuano a guardarci dai suoi autoritratti.

    

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